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Rock 'n ronf!

  • Immagine del redattore: Sara Di Iacovo
    Sara Di Iacovo
  • 26 gen 2017
  • Tempo di lettura: 4 min

Roger Wolcott Sperry, neuroscienziato statunitense e Premio Nobel per la medicina nel 1981, scoprì che ogni lato del cervello non solo è deputato a funzioni diverse ma ha anche una propria coscienza. Nell’emisfero destro, dove hanno sede i sogni nonchè la capacità di ricomporre le idee, tra le varie competenze troviamo: disegno, musica, canto, arte, danza. Nonostante in questo emisfero pare coesistano gli ingredienti fondamentali alla creatività, in realtà questa nasce dalla loro collaborazione (e quindi dal loro influenzarsi); in caso di mancanza di ispirazione infatti si consiglia di stimolare movimenti inusuali dalla parte non dominante del corpo (come ad esempio scrivere con la mano opposta) in modo da sollecitarne impulsi elettrici e chimici. Quindi un mito da sfatare è che solo durante la veglia si abbia la capacità di riorganizzare le idee, Cartesio ad esempio affermò di aver avuto l’illuminazione per la prima volta nelle nozioni fondamentali della geometria analitica durante due sogni.

Quello che potrebbe sembrare un vaneggiamento ritrova delle basi nella neuropsicologia di Horne, studioso del sonno, che ha condotto alcuni studi secondo i quali sonno è uno stadio che ottimizza il consolidamento delle informazioni di memoria appena introdotte, per semplificare: attesterebbe che durante il sonno i ricordi e le informazioni della memoria a breve termine si trasferiscono in quella a lungo termine permettendone il salvataggio e il consolidamento. C’è chi però non si fida poi troppo della propria memoria come della sua creatività e quindi tiene a portata di letto un registratore, come Keith Richards che incise il riff più famoso degli Stones e le parole in uno stato di dormiveglia che lo portò non solo a non ricordarsi di aver suonato ma anche con 2 minuti di “Satisfaction” e 40 minuti di russata. Mentre Keith strimpella nel cuore della notte c’è chi come Lennon invece la mattina sveglia già con in testa l’intro di una nuova canzone in mente. E’ il 27 Gennaio del 1970, John siede al suo pianoforte e lavora alla melodia per la composizione di “Istant karma!” prodotta in tempi record dato che già dopo un’ora telefonò ad Harrison: «Vieni subito alla Apple, ho appena scritto un mostro!».

Più tardi Lennon sintetizzò che era una canzone scritta per colazione, registrata per pranzo e pubblicata a cena: dieci giorni dopo uscì il singolo! Stephen King restò suggestionato da questo brano tanto da fare della frase "We all shine on" un acronimo che poi sarà il titolo del suo romanzo “Shining” perché agli eclettici a volte basta solo una frase per avere l’illuminazione giusta; come quando Lennon disse “Wonderwall” invece di wonderful suggerendo il titolo per il brano di Noel Gallagher che invece si sarebbe dovuto chiamare “Wishing Stone”. La canzone, da molti concepita come canzone d’amore, in realtà è incentrata su un amico immaginario che arriva e ti salva da te stesso.

Proprio come Mary McCartney, l’amatissima madre di Paul che nel 1970 sussurrò in sogno al figlio “let it be”. E’ l’anno più aggrovigliato di tensione dei baronetti, e questo messaggio vuole essere rassicurante e d’incoraggiamento: «E' stato bello. Mi sono svegliato con una bellissima sensazione. E' stato davvero come avesse se fosse proprio lì con me, in un momento così difficile della mia vita e mi lasciò un messaggio: “non preoccuparti troppo, finirà tutto bene” […] Così andai al pianoforte e cominciai a scrivere una canzone: When I find myself in times of trouble, mother Mary comes to me … speaking words of wisdom, let it be. Quelle parole sono davvero molto speciali per me, perché non solo mia mamma venne da me in sogno per rassicurarmi in un momento molto difficile della mia vita - e di certo, le cose subito dopo andarono meglio- ma migliorò anche registrare con i Beatles, fu una sorta di guarigione anche per gli altri». Non è la prima volta che una canzone viene fuori direttamente dai sogni del nostro Macca: «Una mattina, mi svegliai con una canzone in testa e un pensiero: dove l’ho già sentita? Forse da mio padre, che di motivi jazz ne conosceva moltissimi. Forse è solo un ricordo - pensai - ma comunque mi sedetti alla tastiera e misi giù gli accordi, giusto per non dimenticarla. Poi per un po’ la suonai a tutti gli amici, domandando: questa la conosci? Perché è impossibile che l’abbia scritta io, l’ho sognata una notte».

Era Yesterday, la canzone che fa della semplicità il simulacro della bellezza dove la sinergia tra testo e melodia sembra indissolubile, mentre invece il primo titolo “Scrambled Eggs” (uova strapazzate) esula completamente dal risultato finale, passando da un testo sulle intimità femminili «uova strapazzate, ragazza, quanto mi piacciono le tue gambe» a quello intimista che tutti conosciamo e che vanta 16000 cover registrate aggiudicandosi il record. Yesterday inoltre è la prima canzone registrata da uno solo dei quattro Beatles, molto prima di diventare famosi Paul e John si promisero che tutte le canzoni da uno di loro composte avrebbero portato la firma di entrambi e sarebbero state cantate dall’autore, c’è chi azzarda infatti che i Beatles cominciarono a sciogliersi quel giorno del 1965 in cui ad Abbey Road John, George e Ringo uscirono dallo studio per far posto al quartetto d’archi.



E mentre c'è chi sogna grazie alla musica, i musicisti hanno bisogno di sognare per continuare a brillare!

 
 
 

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