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La verità è che Brunori è di casa

  • 🌑🌒eclissidistorta🌘🌑
  • 27 gen 2017
  • Tempo di lettura: 2 min

Stamattina in macchina è passata "La Verità" di Brunori e mentre la cantavo mio padre mi ha chiesto: "chi è?", ed io come spontaneamente gli ho risposto: "è il figlio di Brunori, quello che ha la ditta a Guardia Piemontese". Riflettendoci è stato buffo perchè la prima volta che mi chiesero se conoscessi Brunori io pensai subito alla ditta e risposi: "io no ma sicuramente mio padre si". Si erano invertiti i ruoli: stavolta guidavo io mentre lui ascoltava suggestionato una canzone, che è più della mia generazione piuttosto che della sua, picchiettando con le dita per tenere il tempo. Che il tempo passa lo sanno tutti ma tutti se ne dimenticano e non fanno mai i conti con il presente che è quel futuro che esiste già appena lo pensiamo. Questo gusto l'ho ritrovato tra le note del nuovo lavoro di Brunori. In questo disco è come se suonasse guardandosi allo specchio e lo usasse anche per guardarsi alle spalle, un po' per guardare al passato, un po' per vedere cosa gli accade intorno e cantarlo, quasi come fosse un mantra rabbioso in un disco "con poche risposte e tante domande" come Brunori stesso dichiarerà.

Nel disco c'è una biografia divenuta una dichiarazione di intenti chiamata "Canzone contro la paura" che, qualche traccia dopo, è come se avesse uno spin-off in "Secondo me" che è un'aerial shot della società e della consapevolezza di farne parte. Una società ripresa da tante angolature come succede in "Don Abbondio" che è una spada di Damocle sull'ignavia di questa società che va va e non si sa dove sta andando, che non sa nemmeno cosa sta mangiando ma sente l'amaro in bocca e lo ignora.

Questo disco estremamente maturo sembra rispondersi man mano che le canzoni sfumano, per me infatti non è un caso (o forse è il mio "secondo me") che subito dopo "Don Abbondio" ci sia un brano chiamato "il mio costume da Torero" che dice: "Non sarò mai abbastanza cinico da smettere di credere che il mondo possa essere migliore di com'è. Ma non sarò neanche tanto stupido da credere che il mondo possa crescere se non parto da me”.

Proverò ad essere più sincera di te Dario: quando ho letto il titolo del disco ho pensato che fosse un riferimento alla tipica risposta di rito dei fuorisede, pesavo fosse l'ennesimo disco un po' da falò un po' da parco, ed invece è un lavoro filantropico e sagace.







 
 
 

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